TANO FESTA
(Roma 1938 - Roma 1988)
(Titoli e immagini delle opere su richiesta)
Fin dagli inizi i compagni di Tano Festa sono i coetanei Mario Schifano e Franco Angeli, e altri poco più giovani come Renato Mambor e Sergio Lombardo. Con loro l’artista matura un sodalizio che si estese via via ad altri giovani artisti - Giosetta Fioroni, Cesare Tacchi, Jannis Kounellis, Mario Ceroli, Umberto Bignardi - e che segnò una stagione felice dell’arte a Roma.
Cesare Vivaldi in un articolo comparso nel 1963 su “Il Verri” riconobbe un’affinità di espressione a questa compagine di artisti che definì: “Giovane scuola di Roma”. L’epiteto ebbe anche una diversa e ben nota declinazione in Scuola di Piazza del Popolo, dal nome della piazza dove artisti e letterati erano soliti incontrarsi, intorno ai tavoli del Caffè Rosati o nella sede della galleria La Tartaruga.
La sua prima partecipazione pubblica avviene nel 1959 insieme a Franco Angeli e Giuseppe Uncini, ad una mostra collettiva presso la galleria La Salita di Roma, dove, soltanto nel 1961, terrà la sua prima esposizione personale. “Fin dalle sue prime esperienze”, è scritto di Tano Festa nel cartoncino distribuito in occasione della prima mostra, “ha rivelato particolare interesse verso alcune tendenze del surrealismo astratto europeo e americano”.
Protagonista della scuola pop romana, accolse con rigore formale le soluzioni new dada, proponendo isolati oggetti monocromi di uso quotidiano. Famose sono le persiane, gli specchi e le finestre, che diventano supporto della sua attività da pittore (Persiana, 1963, collezione F. Mauri).
Dal 1963 Festa si sofferma anche sui maestri della tradizione italiana e del Rinascimento, in particolare il Michelangelo della Sistina e delle Cappelle medicee, interpretati come immagini pubblicitarie (Da Michelangelo, n. I, 1966, collezione privata), ("Dal Peccato Originale n. 2", 1966, collezione privata).
Il 1965 è l’anno del primo viaggio di Tano Festa a New York. Durante il soggiorno americano Tano Festa sperimenta la tecnica del ricalco a mano di immagini proiettate o riportate su carta velina in opere come Studi per balletto o Scène de ballet o Sequenza di balletto, in cui l’artista inquadra gruppi di ballerini moderni fermati nell’attimo di acrobatici movimenti. In alcuni dipinti compaiono le sagome di pennelli,ma anche di martelli, cacciaviti e seghe, che ricordano certe composizioni di Jim Dine e di Jasper Johns. Sempre a New York nel 1965, realizza una serie di cieli, Cielo meccanico, Cielo newyorkese, Grande nuvola. A New York, in quel momento, era talmente tutto pop che anche il cielo finiva per essere visto a palline, a strisce, a quadrettini (…)” ha dichiarato Festa in un’intervista.
Festa lavora a New York nella prospettiva di una mostra di nuovi quadri alla galleria “La Tartaruga” di Roma che, infatti, si terrà nell’ottobre di quell’anno. In quella occasione espone le prime opere dove appare un nuovo “particolare” dell’opera michelangiolesca: la testa dell’Aurora, una figura scultorea appartenente al complesso monumentale delle tombe di Giuliano e Lorenzo de’ Medici nella Sacrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze.
Viene invitato a partecipare alla Quadriennale di Roma del 1965.
A New York, nel 1967, in uno studio al Chelsea Hotel, Festa dipinge solo immagini da Michelangelo, soprattutto dall’Aurora delle Tombe Medicee ed intitola tutte le opere: Michelangelo according to Tano Festa. All’inizio degli anni settanta l’artista sperimenta una nuova tecnica, più affidata alla materia pittorica, al gesto, al colore. Le figure sono ancora immagini tratte dall’arte del passato proiettate sulla tela, ma riproposte in modo più frammentario, tanto che in certi casi perdono quasi del tutto il loro legame con l’opera di provenienza. Insieme a queste tele, Festa, mette a punto un tipo di composizione in cui campeggia isolato un nome, a caratteri normografici, di un pittore dell’Ottocento, a volte con la data di nascita e di morte, come fosse una lapide: William Turner, del 1971, o il ciclo di opere intitolate: Omaggio al colore, in cui campeggiano le scritte:”Manet”, “Cezanne”. Nel novembre del 1970, partecipa alla mostra: “Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70”, curata da Achille Bonito Oliva per gli Incontri Internazionali d’Arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Al 1972 risale la mostra personale alla galleria Levi di Milano, presentata da Tommaso Trini, in cui espone i nuovi quadri della serie: Omaggi al colore. Nel maggio del 1975 nella galleria di Gian Enzo Sperone a Roma tiene una mostra intitolata “Storia familiare degli utensili”, dove presenta tre installazioni e i due grandi quadri tratti dal Las Meninas di Velasquez, dipinti con lo smalto e l’anilina sulla base di una tela emulsionata. Nel 1978 è invitato alla Biennale di Venezia, dove tornerà ad esporre nel 1980, e nel 1984.
Tano Festa, nei suoi ultimi dieci anni di vita, si dedicherà soprattutto alla pittura ad acrilico. Il ritratto sarà il soggetto più frequente. Volti di amici o figure immaginarie prese dalla letteratura (Don Chisciotte, 1987), oppure volti allucinati che citano la pittura di Ensor (Il carnevale. Omaggio a Ensor, 1985). Numerose saranno le mostre che nel corso degli anni ottanta documenteranno questo suo “ritorno alla pittura”. Tra le altre quella intitolata “Miraggi”, allo Studio Soligo di Roma, nel marzo 1981, nella quale apparvero fantastiche ed enigmatiche figure alate. A partire dalla fine degli anni settanta compaiono i Coriandoli, la cui tecnica consisteva nell’applicazione gestuale di coriandoli su una base preparata ad acrilico, con colori squillanti: rosso, verde, blu, (ma frequente è anche il fondo nero).
Tano Festa muore il 9 gennaio del 1988, all’ Ospedale San Giacomo di Roma, all’età di quarantanove anni. Nel marzo del 1988, poco dopo la scomparsa dell’artista, viene inaugurata una mostra antologica, a cura di Achille Bonito Oliva, ospitata dal Comune di Roma nei locali dell’ex Stabilimento Peroni, oggi Museo di Arte Contemporanea di Roma. Un altro importante omaggio al lavoro dell’artista è stata la mostra antologica ospitata nell’ambito della XLV Biennale di Venezia, nel 1993, nella sede di Ca’Pesaro intitolata : “Fratelli”, perché vi furono esposte, insieme alle sue, anche le opere del fratello Francesco Lo Savio, su invito di Achille Bonito Oliva e curata da Maurizio Fagiolo Dall’Arco.
Per ulteriori informazioni si rimanda all’Archivio Tano Festa a cura di Teresa Ruggeri.